giovedì 1 luglio 2010

La "mazzòcca giallorìte" 'la pannocchia di Gian Loreto' di Luco dei Marsi

Leggendo il bel libro La parlata di Luco dei Marsi[i] di Giovanni Proia, ho incontrato la voce Giallorìte corrispondente al personale Gian Loreto ma indicante anche, nell’espressione la mazzòcca giallorìte, " la pannocchia di Gian Loreto (pannocchia di granturco con i grani color rossiccio anzichè giallo; nella spannocchiatura, il ragazzo o la ragazza cui càpiti questa pannocchia deve dare un bacio a tutti i partecipanti)”.
Anche in questo caso è a mio avviso molto improbabile che la denominazione derivi effettivamente dal nome di qualcuno che magari per primo abbia dato origine al giuoco per aver trovato quel tipo di pannocchia. La cosa dovrebbe essere stata molto più diretta e naturale, e tuttavia sorprendente. Stando a quello che fra poco dirò, c’è da supporre che probabilmente l’espressione risalga a tempi antichissimi, ben anteriori a quello della diffusione in Italia della pianta proveniente dall’America, intorno al Cinquecento. Essa poteva infatti riferirsi, ad esempio, alla pannocchia di miglio, pianta diffusa in Italia sin dalla preistoria, di cui esistevano varie specie caratterizzate appunto da una colorazione diversa, bianca, gialla, rossa (panicum miliaceum purpureum, luteum, ecc.) della pannocchia. E pertanto era possibile che ce ne fossero anche delle ibride. Caduta in disuso in molti paesi, o ridottasi di molto, la coltivazione del miglio, l’espressione dovette passare senza difficoltà ad indicare la pannocchia della nuova pianta americana, nel caso in cui fosse stata rossiccia invece di gialla.
In effetti, aguzzando un poco l’ingegno, a me sembra che il presunto nome personale in realtà nasconda, sotto ben mentite spoglie, proprio la designazione del colore ‘rossiccio’ della pannocchia fortunata. Io vedrei nel falso giallorìte (Gian Loreto) un aggettivo composto di due membri e cioè giallo-rite < *giallo-reto , in cui il secondo andrebbe a corrispondere esattamente all’ingl. red ‘rosso’, sicchè si può pensare che il significato originario dovette essere proprio quello di ‘giallo-rosso, rossiccio’. Inoltre, a ben riflettere, può talora accadere che non tutti i chicchi siano ‘rossicci’ e che solo una parte di essi siano più o meno ‘rossi’, mentre gli altri restano normalmente gialli: l’aggettivo composto risulterebbe così calibrato a puntino anche per il granturco, sebbene all’origine esso si riferisse forse alle varie spighette della pannocchia del miglio qualcuna delle quali poteva avere talvolta colorazione diversa dalle altre corrispondente ad una delle tre specie di cui sopra. In alternativa si può anche supporre che la voce giallorìte indicasse, nel medioevo e fino all’introduzione del granturco, un colore fra il giallo e il rosso (rossiccio) nel dialetto luchese. Essa, caduta poi in disuso, è rimasta legata a filo doppio, per sopravvivere, solo alla nostra espressione. Che la radice circolasse anche su suolo italico ce lo attesta il lat. russu(m) ‘rosso’ , fatto derivare da un precedente *rudh-tos; cfr. anche lat. rut-ilu(m) ‘rosso, fulvo, brillante’, ted. rot ‘rosso’. A questo proposito ci dà una valida mano anche la voce abruzzese ride-cànie 'morbillo' (cfr. Domenico Bielli, Vocabolario abruzzese, Cerchio-Aq 2004, Adelmo Polla editore ) il cui primo membro è a mio parere variante di ingl. red 'rosso' di cui sopra nonchè collegato al lat. rid-ere 'ridere, brillare (cfr. lat. domus ridet argento 'la casa brilla d'argento'), alla voce logudorese rida 'fiamma, vampa' e al catalano flama-rida 'fiamma'. Se qualcuno avesse qualche dubbio su questo raffronto lo inviterei a riflettere sull'espressione tedesca der rote Hahn ' il fuoco' , letter. ' il gallo (Hahn) rosso (rote)' la quale trova in realtà la sua vera spiegazione se si sovrappongono rote e Hahn ai rispettivi membri del termine abruzzese, cioè ride- e -canie: è così del tutto pacifico supporre un precedente appellativo germanico *rod(red)-kanya 'fuoco, morbillo' variante dell'abruzzese ride-canie 'morbillo' . Il secondo membro -canie deve essere della famiglia di lat. canu(m) 'bianco (splendente)'. Prima che i termini si specializzassero ad indicare il 'bianco', il 'giallo', il 'rosso' dovettero contenere tutti l'idea generica di 'luminosità'. L’uso di aver il diritto di baciare le persone partecipanti (o solo la persona di proprio gradimento, secondo altre usanze) alla scartocciatura forse è derivato dalla volontà di dare un premio a chi era stato così fortunato da trovare quella pannocchia piuttosto rara. E il giuoco può essersi sviluppato in seno alle allegre compagnie di giovani che spesso vi partecipavano. Le ricordo anch’io.
Dopo avere steso quanto sopra sono andato a consultare l’importante e ponderosa opera sul dialetto di Trasacco del compianto Quirino Lucarelli[ii] e ho avuto la sorpresa di ritrovare l’espressione anche lì: mazzòcca 'Ggialleréte. Solo che il significato dell’espressione vi diventa più generico e sfumato perchè essa ricorre fuori dal contesto della scartocciatura. Ma per essere più preciso riporto quasi l’intero brano che accompagna il lemma mazzòccaGgialleréte. «Pannocchia di Gianloreto. Il termine entra nel dialetto trasaccano come un’espressione a sè stante, oltre che per linguaggio, anche e soprattutto per il significato. Con essa ci si riferisce probabilmente ad un evento del passato che non è più reperibile nella memoria locale, ma di certo relativo ad una fatidica e metaforica “mazzòcca” che sicuramente fu una sorpresa o un’immaginazione a lungo coltivata ed alimentata da leggenda locale. E’ certo che nell’espressione vi è un imprevisto o una impensabile sorpresa rispetto alla evoluzione dei fatti da cui essa sorpresa nasce. Infatti tale espressione si inserisce unicamente nella frase: fà ‘ngórpe cumm’alla mazzocca ‘Ggialleréte (tenersi tutto dentro e poi sbottare improvvisamente a sorpresa, svelando i propri dispiaceri –l’interpretazione è mia), nel senso di qualche cosa che riserverà sorprese inimmaginabili. Quindi l’accezione più appropriata dell’espressione è pensabile che sia ‘imprevisto, sorpresa’[...] Chi poi fosse quel Gianloreto, il detto non ce ne conserva memoria. Tuttavia ai Trasaccani, sentendolo nominare, viene in mente spontaneamente un Gianloreto dal carattere piuttosto scanzonato, forse burlone, che amava le iperboli e che era fornito di immaginazione fervida. [...]». A dire il vero ci sarebbe una interpretazione un po’ diversa, e forse più rispondente al vero, della frase dialettale sopra riportata, e sarebbe questa: tenersi dentro il proprio dispiacere come avviene quando il ragazzo o la ragazza che ha trovato la famosa pannocchia va a baciare la ragazza o il ragazzo di cui noi stessi siamo segretamente innamorati. Ma il significato di mazzocca Ggialleréte resterebbe comunque sempre lo stesso.
La manciata di chilometri che separa Trasacco da Luco dei Marsi è bastata ad intorbidare le acque intorno al chiaro ed univoco significato dell’espressione nel dialetto luchese dove indica una pannocchia rossiccia. Sicchè il povero Lucarelli non ha potuto fare altro che prendere atto solo della imprevedibile sorpresa cui l’espressione allude e almanaccare, oltre che su un supposto evento nel passato di Trasacco coinvolgente una “fatidica mazzocca”, anche su un improbabile personaggio in carne ed ossa che avrebbe dato origine al detto, ma che in realtà ha la stessa inconsistenza del fantomatico Gianloreto su cui si fantasticherà, suppongo, anche a Luco. Questo esempio dimostra ancora una volta quanto siano indispensabili ed illuminanti da un lato i raffronti tra dialetti diversi, vicini e lontani, quando si tratta di definire la storia, l’etimo e il significato di parole o espressioni, e quanto sia fuorviante dall'altro cercare di agganciare la spiegazione di una parola, in base a ciò che essa espone in superficie, a caratteristiche, peculiarità, fatti, personaggi, esclusivi di questo o quel paese, di questa o quella parlata. La Lingua, a mio parere, rivela sempre, appena sotto la superficie, una profondità vertiginosa e una dimensione cosmopolita che la fa volare libera e sicura ben al di sopra e al di là delle contingenze particolari e dei limiti di un territorio municipale i quali riescono appena a scalfire i contorni delle parole e difficilmente le plasmano dal nulla specialmente per quanto attiene ai modi di dire e ai proverbi (anche se quelle scalfitture potrebbero, in condizioni favorevoli, addirittura compromettere l'equilibrio dell'intero sistema) contrariamente a quanto in genere si pensa e si sostiene, preferendo essa di gran lunga, ogni volta che può, riciclare il materiale che si trascina dietro da tempi immemorabili, come macerie di sistemi linguistici e stati sincronici tramontati. La locuzione a Trasacco evidentemente uscì fuori, come dicevo prima, dall’ambito della spannocchiatura adattandosi ad altro contesto, e questo si desume soprattutto dal fatto che essa, in tempo imprecisato, venne sostituita da quella che appare una sua traduzione bella e buona che la rende più chiara e al passo con i tempi, e cioè la mazzòcca roscia ‘pannocchia rossa’. Ecco cosa scrive infatti il Lucarelli sotto questo lemma: «Pannocchia di granturco dal colore marrone, impropriamente detta "roscia'’, ovvero "rossa" (ma io mi permetto di far notare che, se l’espressione dovesse essere ricondotta in tempi lontanissimi, probabilmente ronzava, negli orecchi di coloro che cominciarono a sostituire la frase all’altra originaria, la componente –red ‘rossa’ di cui sopra. Inoltre i colori dei chicchi possono essere diversi, anche violacei e neri. La considerazione è mia) . Colui o colei che durante lo spannocchiamento del granturco trovava tale pannocchia, se ancora giovane, aveva la facoltà di donarla ad una ragazza o ad un ragazzo, dandole o dandogli, se ne era innamorato o innamorata, un bacio. Ciò valeva anche come segno di dichiarazione d’amore se ancora non vi era un rapporto di fidanzamento. A volte era proprio tale occasione che faceva sbocciare l’amore fra i ragazzi». Credo sia opportuno, anche al fine di meglio comprendere il meccanismo della ripetizione tautologica nella formazione del lessico, di cui vado parlando nei miei articoli, elencare le diverse altre parole sarde con la componente rida' fiamma'. Esse sono: fiama-rida, fracca-rida, cadda-rida. Le ultime due voci rimandano per i primi membri rispettivamente al logudorese fiacca 'fiamma' (fracca- sarebbe variante di *flacca < *flac-ula < lat. fac-ula, diminutivo di fax 'face') e ad altre voci sarde significanti 'cavallo' e ' fiamma, vampa': cfr. il post Parole sarde del Duls. Ho dato una scorsa ad internet e, con mio sommo stupore, ho constatato che la pannocchia rossa connessa col bacio si ritrova, oltre che in località italiane, anche in Spagna, in Germania e negli USA: questa ampia diffusione a mio avviso costituisce un valido motivo per riportare l’usanza, piuttosto che all'atmosfera giocosa di giovani partecipanti alla scartocciatura, a riti sociali preistorici come quelli cosiddetti di passaggio.


[i] Cfr. Giovanni Proia, La parlata di Luco dei Marsi, Avezzano-Aq, Grafiche Cellini 2006, p. 91.
[ii] Cfr. Quirino Lucarelli, Biabbà F-P, Avezzano-Aq, Grafiche Di Censo 2003, pp. 257-58.

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