giovedì 13 maggio 2010

La musa Calliope

Le muse, inizialmente tre secondo Pausania, ma probabilmente anche una sola (nell’Odissea è una sola, ma nel canto XXIV diventano nove), nella mitologia greca rappresentano, come sappiamo, le divinità protettrici delle arti e di ogni opera del pensiero e della scienza. Il greco moũsa ‘musa’ è giustamente ricondotto alla radice men di lat. mente(m) ‘mente’, ad esempio, radice di cui abbiamo messo in evidenza, nei post precedenti, i vari significati promananti dalla sua idea di base di ‘movimento, agitazione, emanazione, espansione, ecc.’ che poteva concretizzarsi anche nell’idea di ‘monte’; e in effetti un’altra proposta etimologica per il greco moũsa vuole ricollegare la parola all’idea di ‘monte’, probabilmente perchè esse vivevano sull’Elicona, monte della Beozia. Solo che queste proposte che i linguisti presentano, contrapponendole di solito nettamente le une alle altre, sono in realtà, secondo il mio modo di vedere le cose, ugualmente valide perchè la radice appare in epifanie sì diverse, ma tutte tenute insieme dal loro significato generico di fondo. La voce moũsa quindi si inserisce bene nell’ambito della radice di messa che io ho riportato, nell’aticolo precedente, al valore di ‘luce, alba’, e poteva altrettanto bene esprimere proprio il concetto di ‘ispirazione, spirito, divinità (ispiratrice)’. La musa Calli-ope era invocata dai poeti epici. Il suo significato di superficie è quello di ‘(musa) dalla bella (calli-) voce(-ope)’ ma quello un po’ più profondo deve ricondursi nel primo membro al gr. kalé-o ‘chiamare’, ted. Hall ‘suono’, sicchè l’intero epiteto si scioglie nel solito composto tautologico che all’origine indicava il canto dell’aedo o della stessa musa che parlava attraverso di lui.
Questa più che legittima interpretazione non può che rafforzarsi quando si viene a sapere che l’epiteto era riservato anche alla ninfa Eco, la quale veniva chiamata anche gēru-gónē ‘figlia (gonē-) del suono (gēru-)’. Il secondo membro -gónē è variante del diffusissimo –genés, incontrato nel post precedente con valore di ‘luce’, che rispunta nel dan. gen-lyd ‘eco’ in cui -lyd significa appunto ‘suono’ (cfr. ted. Laut ‘suono’) e gen- è un prefisso corrispondente all'it. re- esplicante varie funzioni tra cui quella della ripetizione di un'azione (qui: ri-mbombo, ri-echeggiamento) . La radice deve essere la stessa dell'ingl. to be-gin (be-gan,be-gun) 'cominciare' e deve aver contenuto anche l'idea di 'movimento, avvio'. Sicchè a me pare che da questi esempi si possa ricavare una concatenazione semantica molto semplice come: movimento> produzione>generazione> emanazione> irraggiamento>propagazione sonora. Anche l’idea di bellezza dell’elemento kalli- credo debba essere inclusa nel concetto di ‘irraggiamento, luce, luminosità’.
Ritornando al concetto di ‘ispirazione’ vediamo che il greco ci presenta l’aggettivo én-theos ‘ispirato’ che viene solitamente inteso, e gli stessi Greci intendevano, come ‘che ha dentro di sè un dio (-theos)’. Oggi l’etimo più in auge per the-ós ‘dio’ rimanda al significato di ‘spirito’ e allora sarebbe bene intendere il significato originario dell’aggettivo suddetto semplicemente come ‘ispirato’ senza tirare in ballo il concetto di ‘dio’. D’altronde questo nome sarebbe potuto anche scomparire ed essere sostituito da altri nella lingua greca, non facendo in questo caso pesare la sua presenza sul significato dell’aggettivo in questione. Io credo che l’ ispirazione stessa si configuri come qualcosa di spirituale e di divino di per sè: essa è una forza che è sentita dentro di sè dall’uomo delle origini, che costituisce la sua anima la cui natura invisibile è la stessa di quella o di quelle che animano la realtà circostante e successivamente le sue divinità: questa coincidenza tra le due entità, quella umana e quella della natura (con i suoi dei) fa sì che, una volta attuata la separazione nella mente dell’uomo primitivo tra il proprio mondo umano e quello sovannaturale degli dei, gli fa credere che dentro di noi, o alcuni di noi (poeti, profeti, indovini, sacerdoti), scenda talora come dono celeste la parola divina, che era per così dire già sua prima che egli creasse l’Olimpo e i suoi dei.
Nel vocabolario abruzzese di Domenico Bielli si incontra una strana parola: ‘ntusїasme ‘enfiato prodotto da colpo di frusta’. Ognuno può notare la perfetta corrispondenza del termine con l’italiano entusiasmo, ma può esistere un rapporto di somiglianza tra di loro e tra i loro significati? Sappiamo che l’italiano entusiasmo è pari pari il greco enthousiasmós ‘entusiasmo, ispirazione, divino trasporto, frenesia, furore’ costituito dallo stesso aggettivo éntheos di cui sopra (o meglio enthousí-a ‘ispirazione divina’) e dal suffisso -asmós . Ora, secondo me le possibilità sono due. Il significato di ‘gonfiore’ del termine abruzzese citato può avere come etimo o il furore, la forza, l’energia insita in una frustata oppure nella spinta, la forza, la tensione che fa sollevare la pelle a formare un rigonfiamento, cioè in altri termini nell’idea stessa di ‘gonfiore’, il quale è sempre il prodotto di una forza, sia quella del fiato che gonfia un palloncino o quella endogena che produce un tumore, un bernoccolo, un’escrescenza. A quest’ultima mi pare più naturale avvicinare la voce abruzzese, la quale, dunque, trasforma in qualcosa di concreto (il gonfiore della pelle) tutta la forza insita nell’aggettivo greco én-the-os ‘pieno di spirito’ che non si era allontanato, per il significato, dall’ambito spirituale. Ma la voce abruzzese sta lì a testimoniare che nei trascorsi preistorici di én-the-os c'era stato anche un significato fisico del termine. Esso fu portato tra di noi da qualche popolazione preistorica greca o di lingua greca (non si potrebbe spiegare altrimenti il radicamento di alcuni chiari termini greci nei toponimi come la voce anatolia per 'sorgente' nella Marsica) la cui presenza è largamente attestata nell'Italia centro-meridionale e anche in quella settentrionale da indizi e prove diverse, non ultima quella biologica di Cavalli-Sforza basata sull'esame di campioni di sangue.
Il Bielli mette a lemma anche l’aggettivo ‘ntusecùse ‘iroso, modace’ (diverso dalla radice di ‘ntussecà ‘attossicare’, da tossico) la quale mi sembra sfruttare, attraverso un originario *enthous-ikós, la stessa radice di enthousí-a ‘ispirazione divina’ mettendone però in mostra solo l’aspetto del furore e dell’impeto che l’accompagnava.
La radice di –the-os di cui andiamo discutendo mi pare variante di quella della grande famiglia di gr. thú-ō ‘ infurio, mi agito, imperverso’ da cui thum-ós ‘spirito, animo’.
Alla luce del meccanismo dei composti tautologici i termini greci come mouso-manés 'fanatico per la musica o le muse', mouso-mantis 'che vaticina col canto' indicavano all'origine solo lo stato di ispirazione o eccitazione o la persona in quella condizione: solo col tempo questi composti hanno assunto le specificazioni che mostrano. Del resto i due membri sono costituiti da varianti della stessa radice o, meglio, da ampliamenti diversi della base originaria me-, ma- . Il termine gallurese missa-manu ' rimprovero, rabbuffo, ramanzina', composto delle stesse radici o varianti, potrebbe contenere dentro di sè il risentimento o il ribollire proprio del termine italiano fervorino di identico significato. Cfr. nel post precedente il sardo mis-one, miss-one 'fermento, lievito'.
A proposito di gen-lyd 'eco' sopra citato, mi pare di poter individuarne una variante nell'espressione idiomatica inglese to blow great guns 'fare burrasca, soffiare un vento tempestoso', letter. 'soffiare grandi cannoni' che trova a mio parere un lampante riscontro nell'espressione greca usata da Eschilo (Coefore, 1065) gonias kheimon ' vento (kheimon) violento, favorevole, ecc.', tradotta in vari modi a seconda delle interpretazioni della radice di gonias incrociatasi con quella di genos 'genere, generazione', ma che all'origine, quasi certamente sconosciuta già ad Eschilo, doveva avere un significato essenzialmente tautologico rispetto a kheimon 'vento, tempesta'.

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