martedì 24 novembre 2009

Vecus Eidus (Eidius, Eidium, Eidianus, Eidianellus?)

La dedica ad Ercole (Hercolo), del II-I sec. a. Ch., rinvenuta in località Santa Monica a Cerchio presuppone la presenza di un tempio, dato anche il ritrovamento di 109 monete, due delle quali d’argento, in quello che doveva essere il thesaurus in pietra squadrata del santuario. Il nome del Vecus (lat.Vicus) Eidus (nell’epigrafe compare il genitivo Veci Eidi, nome, quest'ultimo, che potrebbe però essere anche l’abbreviazione di *Eidiani, l’aggettivo etnico derivato da una base Eidius, forse in epoca più remota Eidus), il centro abitato dei due magistri realizzatori del donario, con moltissima probabilità deve avere a che fare col toponimo Vëcènna relativo alla abbastanza vasta zona a sud del Cimitero di Aielli confinante, al suo lato sud-est, con la suddetta località Santa Monica. Si tratta di contrade in cui è facile notare in superficie frantumi minutissimi ma numerosi di materiale laterizio, come nell’attigua località Fontillara, sicuro indizio della presenza di un agglomerato o di diversi agglomerati di una certa grandezza in antico. La forma vecus, comparente anche in altre epigrafi della Marsica, sta al posto di lat. vicus.
Il nome del vicus, man mano che dal latino parlato (già diverso da quello di Roma) si passò a quello che sarebbe stato il nostro dialetto, dovette suonare dapprima come Vëk(ë)-èidë o Vëk(e)-èdë, secondo norme linguistiche assodate, riscontrabili anche nelle attuali parlate che riducono al suono indistinto schwa (in altri termini alla e muta) vocali finali di parola e molte di quelle non accentate . Nel dialetto di Celano è muta anche la -a finale di parola. In un secondo momento, quando ormai l’agglomerato non esisteva più e se ne era persa magari anche la memoria, il probabile toponimo Vëk-èidë, unico resto dell’antico vicus, trasformatosi nel frattempo in un Vëcèidë (con intervenuta pronuncia palatale della velare) di significato oscuro alle orecchie della gente o, semmai, assonante con la radice di vicem ‘vece, vicenda’ o di un suo derivato, dovette incrociarsi – cosa che avviene normalmente in linguistica, in virtù della cosiddetta etimologia popolare - con altro termine dialettale dalla medesima radice di vicem (vice, vicenda) ma di chiaro significato, cioè vëcènna ‘vicenda, rotazione agraria’ (lat. parlato *vicenda , plur. neutro -passato poi in italiano a femminile singolare- che presuppone un sing. *vicendum, dial. *vëcèndë) e ne assunse, senza tentennamenti, i connotati che gli calzavano del resto a pennello, perché magari nel frattempo il suolo dell’antichissimo vicus era tornato ad essere pascolo per le pecore o terreno per l’aratore come è avvenuto fino a qualche decennio fa. Vëcèndë è passato successivamente a Vëcènnë e poi a Vëcènna, con normale assimilazione progressiva della dentale sonora d alla nasale precedente n.
Ma, cosa molto più interessante, nell’area della suddetta località Vëcènna si trovava nel medioevo un Casale con la chiesa di Sancti Johannis in Ozzanello, come dice il Di Pietro, luogo ricco di acqua. Nel nostro dialetto la località suona solo Sandë Jannë. La specificazione Ozzan-ello potrebbe molto probabilmente derivare dall’eventuale etnico del vicus Eidius, cioè *Eidianus che avrebbe dato *Eizzàno oppure Ezzàno, Izzàno fino ad arrivare ad Ozzan-ello, con la chiusura in suono indistinto della vocale E oppure I protonica successivamente reinterpretata come U oppure O . Ma anche il nome del santo cristiano Johannes potrebbe essere, in questo caso, il camuffamento di un originario Sant’ Eidiano, Sant’Idiano divenuto Santë Dianë e poi san Dianë , attraverso il distacco della I di I-diano, nel frattempo divenuta vocale indistinta a causa dell’accento tonico sulla sillaba seguente, e sua agglutinazione col Sant’ precedente, facilmente trasformabile a questo punto in un dialettale Sandë Jannë (sempre per distacco della D di D-iano e sua agglutinazione con il San precedente) e, con il beneplacito della Chiesa, nel cristiano Sanctus Johannes. Oppure si sarebbe potuto passare a Sandë Jannë attraverso una mera semplificazione aplologica direttamente da Sandë (D)ianë. Il fatto confermerebbe quindi la presenza anche in questo luogo di una divinità pagana il cui nome aveva la stessa radice del vicus , e cioè Eidius, Eidianus. Sicchè, a mio parere, il nome remoto del vicus Eidius sarebbe continuato oggi dal toponimo Vëcènna mentre Sandë Iannë sarebbe legato più al nome della divinità e Ozzanello al relativo villaggio medievale. Anche a Cerchio, ma nel piano lungo la strada che dalla via Tiburtina conduce a Fucino, c’era nel medioevo una chiesa, con relativo villaggio, di Sancti Viti in Ozzano . Io sono del parere che quest’ultima specificazione (Ozzano) derivi dalla fonte San Vito ancora esistente, se si tiene presente che a Celano e anche ad Aielli un nome come Vittoriano, ad esempio, era pronunciato in antico Uttriànë: quindi un eventuale originario etnico *Vitianus avrebbe dovuto dare come esito *Utiànë e poi *Uzzànë, *Ozzànë. Il diminutivo Ozzanello forse è spiegabile con la necessità di distinguere il villaggio da quest’altro Ozzàno, a meno che non si debba spostare tutto nella preistoria e considerare il suffisso –ello come un apparente diminutivo, spiegabile in realtà come radice per ‘acqua’ identica a quella della attigua località Font-ill-ara. Allora sarebbe sensato porre la motivazione dell’acqua all’origine remota dei relativi toponimi. La presunta divinità *Eidianus è supponibile, quindi, che sia divenuta tale (e tale sia rimasta nel nome) prima che la vena d’acqua ad essa collegata, e il connesso vicus, acquisissero anche l’ultima radice –ello. La probabile forma abbreviata Eidi dell’epigrafe potrebbe sottintendere un *Eidiani ma anche un *Eidianelli, da cui l’Ozzanello medievale.
Io insisto comunque sull’idea, manifestata in altri scritti (cfr. il mio articolo Il nome del Paese di Cerchio), che la figura di Ercole, figlio di Giove, in questo caso coincidesse con una divinità solare, la quale nel trascorrere dei lunghi millenni della preistoria potè attrarre a sé molti nomi, sempre attinenti al culto del Sole. E in effetti il nome del vicus Eidus, Eidius (Eidium?) all'origine magari riferito alla vena d'acqua del luogo potè attrarre un nome di divinità identico al lat. Eid-us, più comunemente Id-us ‘Idi’, che nel calendario romano cadevano normalmente il 13, in alcuni mesi il 15, giorno dedicato a Giove, divinità del cielo e della luce diurna, cui il flamen Dialis sacrificava in quel giorno una pecora bianca, la cosiddetta ovis idulis, appunto. Secondo Macrobio l'etrusco idus significava 'giorno'. Era in auge in passato, per lat. Idus, l’ipotesi di connessione con la radice indeuropea idh col valore di ‘brillare’: questa connessione è stata abbandonata senza però trovare una soddisfacente proposta alternativa: a mio avviso sarebbe invece il caso di tornare a quella precedente ipotesi. Il sistema calendariale romano derivava da uno precedente basato sulle fasi lunari, in cui le Idi corrispondevano alla "luna piena". Allora un nome come quello di Eidus nella nostra epigrafe potrebbe aver attratto nella preistoria il culto di una divinità lunare dal nome simile che va a combaciare, a mio avviso, col secondo componente di Mon-eta, appellativo di Giunone, considerata anche divinità lunare. La località Santa Monica (cfr. nel mio blog l'articolo Località Santa Monica o Li Cantoni), luogo di ritrovamento dell'epigrafe, confermerebbe questa mia supposizione. E' probabile quindi che in questi luoghi vi sia stato in epoca preistorica un culto per le due divinità del cielo, legate etimologicamnte alla luce diurna e notturna. Una confraternita di Santa Monica e un altare di Santa Monica all'interno della Chiesa della SS. Trinità di Aielli compaiono in documenti dell'archivio diocesano a partire dalla prima metà del '600: chiaro indizio di un culto antichissimo tramandatosi attraverso i secoli. Copie dei detti documenti mi sono state gentilmente fornite dall'amico Maurizio Di Censo. Un'altra possibilità interpretativa viene offerta da uno degli epiteti di Ercole, cioè Monoecus (cfr. portus Herculis Monoeci nell'attuale Principato di Monaco). Allora il nome della località Santa Monica potrebbe essere il riflesso dell'epiteto, diventato femminile per influsso del nome della Santa cristiana. I toponimi conservano gelosissimamente i loro millenari segreti che è spesso difficile scoprire, ma una cosa è certa: essi non sono quasi mai mero e vano flatus vocis nè sono da interpretare per quello che evidenziano in superficie, come a mio avviso dimostra il nome di questa località. Il poeta latino Anneo Lucano (I sec. d. C.) accenna al porto di Monaco in questo brano della Farsaglia (I 405-8):

Quaque sub Herculeo sacratus nomine portus
urget rupe cava pelagus; non Corus in illum
ius habet aut Zephyrus: solus sua littora turbat
Circius, et tuta prohibet statione Monoeci.

In sostanza il poeta osserva che il porto d'Ercole è riparato naturalmente da ogni parte dai venti tranne dalla parte del vento Circius o Cercius, che, solo, riuscirebbe a sconvolgerne la spiaggia e a proibirne l'accesso con le grosse onde del mare. Ora, però, sorge la difficoltà che il Circius è altro nome del Corus o Caurus, vento di nord-ovest o del nord, oggi chiamato Maestrale. E' effettivamente strana questa confusione specie se aggiunta alla considerazione che il porto in questione è aperto all'influsso dei venti provenienti da est, come quello che oggi è chiamato Marino (cfr. Mediterranean Pilot, ii. 132). Io penso pertanto che questa descrizione del poeta non abbia quasi nessun valore reale, ma sia scaturita da qualche racconto mitologico a noi ignoto che collegava il vento Circius con Ercole e il suo appellativo Monoecus, situato a chiusura del v. 408, come a specchio del termine Circius all'inizio dello stesso verso. Questa mia osservazione andrebbe, in effetti, a completare e rafforzare quelle che ho fatte nell'articolo presente in questo blog Il nome del paese di Cerchio, tese a dimostrare uno stretto legame tra il teonimo Hercules e il toponimo Cerchio.
Riporto, per soddisfare la curiosità dei lettori, il testo dell’epigrafe, così come mi è stato comunicato dall’amico Fiorenzo Amiconi di Cerchio che ha avuto contatti col famoso archeologo Cesare Letta: è probabile che qualcosa non sia esatto. Attendo la pubblicazione ufficiale dell’epigrafe.

C. DEIDIO. PE.F. ET. VE. ALFIO. PV.F. MAGISTRES

VECI. EIDI. HERCOLO. LOCAVERONT

I nomi personali Deidio e Alfio, seguiti dagli acronimi dei rispettivi patronimici (la /F./ sta per filios, lat. filius’ figlio’, le lettere precedenti costituiscono le iniziali di nomi paterni) sono dei nominativi della 2° decl.( Deidios e Alfios); magistres sta per lat. magistri ‘autorità, capi (del vicus)’; Hercolo è dativo della 2° decl., quindi diverso da lat. Herculi, dativo della 3° decl. 'per, ad Ercole'; locaveront sta per lat. locaverunt, perfetto, che significa ‘fecero fare, fecero costruire’.

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