sabato 17 ottobre 2009

Come Atena, originaria divinità dell'agricoltura, diventa divinità della guerra e della vittoria

Si sa che Atena, come Demetra e Core, era una preistorica divinità della natura e delle attività agricole, come dimostrano, fra l’altro, le Procaristerie, feste primaverili dedicate alla dea il 21 di marzo, quando la natura cominciava a risvegliarsi e le messi a germogliare. Questo assunto credo di averlo sufficientemente irrobustito nel mio articolo Le Procaristerie.
Si può subito notare come Pro-, la prima componente del nome, vada a coincidere con la prima componente di Pró-machos e di Pro-mach-órma, due epiteti tra i tanti della dea. Il primo significa ‘combattente in prima fila, difensore’, il secondo, riferito ad un tempio di Atena sul promontorio Buporthmos, viene inteso come ‘protettrice degli ancoraggi’, cfr. órmos ‘porto, seno, rada, ricovero’. Ma, a mio modesto parere, qui siamo innanzi tutto di fronte ad un nome che doveva indicare in un primo momento semplicemente il ‘promontorio’, nome che andava a coincidere con uno degli epiteti di Atena in modo da dare origine ad un suo culto nello stesso. Le cose a questo punto si ampliano e secondo me fanno ben capire la vasta dinamica dei significati dei termini e dei loro continui incroci nel corso dei millenni. L’idea di ‘promontorio’ è un diretto derivato di quella di ‘tensione, protuberanza’ e simili. E in effetti il gr. pro-mékes (non ci confonda l’assenza di aspirazione) significa ‘bislungo, prominente’ e deriva da mẽkos ‘lunghezza, altezza’ con la variante dorica mãkos. Seguendo questa linea interpretativa, quindi, la componente –órma dell’epiteto in questione la vedrei come scaturente dalla radice del termine ormé ‘impeto, assalto, slancio’, concetto ben adeguato ad esprimere sia l’idea di ‘promontorio’ che quella di ‘combattimento’: ma ambedue non disdegnano la compagnia di un termine come mékon, mákon ‘papavero, testa di papavero’(cfr. a.slavo maku ‘papavero’ ted. Mohn ‘papavero’), parola che ci riporta, a mio avviso, alla "forza" del regno vegetale. Il termine matematico mékei, dativo di mẽkos, dor.mãkos ‘lunghezza, altezza’ vale ‘alla prima potenza’, significato che riemerge tutto nel greco mẽchos, dor. mãchos ‘mezzo, espediente, possibilità’, gr. mégas ‘grande, forte, potente’, gr. makrós ‘lungo, alto, profondo, forte’, lat. magnus ‘grande, alto, lungo, potente’, ted. machen ‘fare’, ted. Macht ‘potenza, forza, forza militare’ e ingl. might ‘potere, forza, potenza’. Si può così ben affermare, come vado sostenendo da molti anni, che le diverse funzioni ed attribuzioni proprie di ogni divinità sono dovute tutte a quest’unico concetto di ‘forza, vitalità, spinta’, il quale opera d’altronde dietro ogni termine che l’uomo pronuncia: meraviglia delle meraviglie! Un’altra linea interpretativa, che comunque non cancellerebbe nulla di quanto ho detto finora, sarebbe quella di accostare –machos al celtico mako ‘figlio’ (cfr. i prefissi di cognomi scozzesi e irlandesi Mac-, Mc- equivalenti a ‘figlio di…’) in base anche alla stretta vicinanza del concetto di “figlio” e quello di “ragazzo”, cosa che ci ricondurrebbe all’altro epiteto di Atena cioè Párthenos ‘Vergine’ o a Kóre ’Figlia, Fanciulla,Vergine’. Illuminanti sono i termini ted. Magd ‘ragazza, vergine, serva’, ingl. maiden ‘fanciulla’ che, anch’essi, si prestano ad indicare fiori e vegetali in genere come ted. Mägde-blume ‘camomilla’ (letter. ‘fiore delle ragazze’), ingl. maiden-hair ‘capelvenere’ e ingl. maiden-oak ‘rovere’. La forma Pró-machos, così intesa, verrebbe ad allinearsi, dunque, sullo stesso piano di lat. pro-genies ‘progenie, stirpe, figli, piccoli di animali, germogli’, lat. proles<*pro-ales ‘progenie, figli, piccoli di animali, germogli’, lat. pro-sapia ‘prosapia, stirpe, famiglia’ e lat. Pro-serpina (nome latino di Core) se lat. pro-serpinaca indica la pianta ‘sanguinaria’, lat. pro-serpinalis herba la pianta ‘serpentaria’ e lat. pro-serpere significa, oltre a ‘uscire, avanzare strisciando’ anche ‘venir su, spuntare, crescere’.
Per Atena Nike, la divinità alata della vittoria (gr. níke ’vittoria’), credo sia interessante notare il verbo serbo-croato nica-ti ‘germogliare’ che potrebbe ricondurre il termine nell’ambito delle forze germinative della natura. Sempre in serbo-croato neć-ak significa ‘nipote’, concetto collegabile con quello di ‘pollone, rampollo, figlio’ come avviene nel lat. nepos ‘nipote, germoglio, piccolo di animali’. Ma anche in area abruzzese (vocabolario di D. Bielli) ricorrono voci come nicchë,nichë, nìculë ‘piccolo’.
Per il teonimo Atena credo entri in ballo il significato di ‘monte, altura’ (altra epifania della ‘protuberanza’) se si pon mente all’acropoli di Atene, nonché allo sprone calcareo su cui è situata la città antichissima di Atina-Fr nella Val di Comino chiamata potens da Virgilio (Aen. VII, 630), in cui riappare l’idea della forza materializzatasi forse nell’elevazione dell’altura come del resto nel ligure atina ‘varietà di olmo’ si è concretizzata in un vegetale. Un altro epiteto di Atena è proprio pótnia (lat. potis ’potente’) ‘signora, dominatrice, augusta, veneranda’, epiteto comune per il vero ad altre dee tra cui proprio Demetra e Core, divinità delle "forze" della natura come sappiamo.
Qualcuno potrebbe far notare che la bellicosità attribuita ad Atena possa essersi insinuata tra gli attributi della dea per altra strada, che riconduce alla stessa radice di cháris ‘grazia’ di cui ho parlato nell’articolo Le Procaristerie. E in effetti il greco chárme ‘ ardore bellico, combattimento, zuffa’, strettamente collegato al termine corradicale chárma ‘gioia, letizia’, conferma da un lato la validità del mio ragionamento secondo cui il concetto di ‘gioia, eccitazione’ va a braccetto con quello di ‘battaglia, combattimento’, ma dall’altro potrebbe far credere che il mito dell’Atena guerriera abbia tratto alimento esclusivamente da questa radice. Conclusione errata, perché non tiene conto del fatto, ora più che mai a me chiarissimo, che ogni radice possiede in partenza una infinità di possibiltà semantiche, anche se ora noi, abituati ad un linguaggio che ha costretto ogni parola a ridurre enormemente quelle possibilità, stentiamo a credere a questo fenomeno che ha appunto dell’incredibile.

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